L’Arte di Rappresentare i Mondi
G. CASSINI, 1790
L’Isola di Sicilia divisa nelle sue Valli
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 97×72 – REG 78/A
Formato cm. 47×35 – REG 78
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CANTELLI
Veduta del Regno di Napoli
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 55×45 – VED 65
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DOMENICO DE ROSSI, 1700
Provincia di Calabria Citra
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l’uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l’assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche abbiano reso estremamente difficile quest’operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l’uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l’uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all’insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell’Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati.
Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XVXVIII sec.) l’astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente nella costruzione di nuove carte o all’aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori.
Insieme ad altre dinastie di cartografi come gli Hondius, i Blaew, i Jannson, i Ficher, contribuì in modo rilevante alla conoscenza ed al successo della cartografia. La carta qui riproposta, raffigurante il territorio calabrese, è una valida prova della sua capacità espressiva, capace di coniugare una raffinata espressione delle forme con un ricco contenuto informativo.
Per la sua costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali e le stesse tecniche dell’epoca, con l’intento di riuscire, sia pure parzialmente, a suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Sono note le difficoltà che gli incisori dei secoli passati incontravano nella preparazione delle matrici col metodo dell’incisione. I tempi d’esecuzione erano lunghissimi ed il lavoro eseguito non suscettibile di correzioni, a tal punto che non è difficile trovare nelle carte qualche errore. Inoltre il numero di copie che era possibile realizzare era limitato, poiché le lastre di legno prima e di rame poi, sottoposte al ripetuto schiacciamento del torchio, tendevano a deteriorarsi rapidamente. Il supporto su cui viene trasferita l’immagine è costituito da carta cotonata di conveniente grammatura, reperito presso un’antica cartiera, già operante quando quest’opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d’invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione, inoltre, contribuisce a differenziare ciascuna carta dalle altre. Segue l’operazione d’ancoraggio della carta su tela, anch’essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d’invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla mappa quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella.
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 106×86 – REG 70
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F. CASSIANUS de SILVA
Calabria Ultra
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l’uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l’assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche abbiano reso estremamente difficile quest’operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l’uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l’uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all’insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell’Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati.
Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XVXVIII sec.) l’astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente nella costruzione di nuove carte o all’aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori.
Questa Calabria Ultra qui riproposta venne realizzata da Cassianus de Silva nel 1700 ed è dedicata al principe di Butera Roccella, Don Carlo Maria Carafa.
Per la sua costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali dell’epoca, con l’intento di riuscire, sia pure parzialmente, a suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Sono note le difficoltà che gli incisori dei secoli passati incontravano nella preparazione delle matrici col metodo dell’incisione. I tempi d’esecuzione erano lunghissimi ed il lavoro eseguito non suscettibile di correzioni, a tal punto che non è difficile trovare nelle carte qualche errore. Inoltre il numero di copie che era possibile realizzare era limitato, poiché le lastre di legno prima e di rame poi, sottoposte al ripetuto schiacciamento del torchio, tendevano a deteriorarsi rapidamente. Il supporto su cui viene trasferita l’immagine è costituito da carta cotonata di conveniente grammatura, reperito presso un’antica cartiera, già operante quando quest’opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d’invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione, inoltre, contribuisce a differenziare ciascuna carta dalle altre. Segue l’operazione d’ancoraggio della carta su tela, anch’essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d’invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla mappa quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 105×74 – REG 71
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JANSONIUS, 1630
Sicilia
Stampa su carta cotone acquarellata a mano, cm. 50×70
VED 32
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BLAEU, 1700
Abruzzo Ultra
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l’uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l’assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche hanno reso estremamente difficile quest’operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l’uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l’uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all’insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell’Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati.
Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XV-XVIII sec.) l’astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente alla costruzione di nuove carte o all’aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori.
E’ nel XVIII secolo che si svolgeva l’attività di una famosa famiglia di cartografi, i Blaeu, nota per produzioni di notevole livello.
Insieme ad altre dinastie di cartografi come gli Hondius, i Jannson, i Ficher, contribuì in modo rilevante alla conoscenza ed al successo della cartografia.
La carta qui riproposta, raffigurante il territorio dell’Abruzzo Ultra, dedicata al Duca Giovanni Geronimo Acquaviva d’Aragona, è una valida prova delle doti espressive di questo geografo, capace di coniugare una raffinata espressione delle forme con un ricco contenuto informativo.
Per la sua costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali dell’epoca, con l’intento di suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Il supporto su cui viene trasferita l’immagine è costituito da carta cotonata di conveniente grammatura, reperito presso un’antica cartiera, già operante quando quest’opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d’invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione, inoltre, contribuisce a differenziare ciascuna carta dalle altre. Segue l’operazione d’ancoraggio della carta su tela, anch’essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d’invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla mappa quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella.
Formato cm. 112×78 – REG 73
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BLAEU, 1700
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l’uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l’assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche hanno reso estremamente difficile quest’operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l’uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l’uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all’insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell’Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati.
Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XV-XVIII sec.) l’astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente alla costruzione di nuove carte o all’aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori.
E’ nel XVIII secolo che si svolgeva l’attività di una famosa famiglia di cartografi, i Blaeu, nota per produzioni di notevole livello.
Insieme ad altre dinastie di cartografi come gli Hondius, i Jannson, i Ficher, contribuì in modo rilevante alla conoscenza ed al successo della cartografia.
La carta qui riproposta, raffigurante il territorio dell’Abruzzo Citra, dedicata al Principe Carmine Nicolò Caracciolo Duca di Castel di Sangro, è una valida prova delle doti espressive di questo geografo, capace di coniugare una raffinata espressione delle forme con un ricco contenuto informativo.
Per la sua costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali dell’epoca, con l’intento di suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Il supporto su cui viene trasferita l’immagine è costituito da carta cotonata di conveniente grammatura, reperito presso un’antica cartiera, già operante quando quest’opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d’invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione, inoltre, contribuisce a differenziare ciascuna carta dalle altre. Segue l’operazione d’ancoraggio della carta su tela, anch’essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d’invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla mappa quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella.
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 112×78 – REG 72
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BLAEU, 1700
Terra di Otranto olim Salentina et Iapigia
Incisione su carta cotone acquerellata a mano e montata su tela grezza “a stacchi”
Formato cm. 112×78 – REG 73
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l’uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l’assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche hanno reso estremamente difficile quest’operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l’uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l’uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all’insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell’Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati.
Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XV-XVIII sec.) l’astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente alla costruzione di nuove carte o all’aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori.
E’ nel XVIII secolo che si svolgeva l’attività di una famosa famiglia di cartografi, i Blaeu, nota per produzioni di notevole livello.
Insieme ad altre dinastie di cartografi come gli Hondius, i Jannson, i Ficher, contribuì in modo rilevante alla conoscenza ed al successo della cartografia.
La carta qui riproposta, raffigurante il territorio della terra salentina,è una valida prova delle doti espressive di questo geografo, capace di coniugare una raffinata espressione delle forme con un ricco contenuto informativo.
Per la sua costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali dell’epoca, con l’intento di suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Il supporto su cui viene trasferita l’immagine è costituito da carta cotonata di conveniente grammatura, reperito presso un’antica cartiera, già operante quando quest’opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d’invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione, inoltre, contribuisce a differenziare ciascuna carta dalle altre. Segue l’operazione d’ancoraggio della carta su tela, anch’essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d’invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla mappa quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella.
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