Marcello Avenali (1912-1981), ovvero mezzo secolo di pittura e di ricerca intorno alla pittura. Dalla precoce attitudine al disegno, che lo spinge alla iscrizione alla Accademia delle Belle Arti nel 1929, scaturisce la produzione dei primi anni ’30, caratterizzata da un cospicuo numero di disegni e dipinti ad olio, ove la figura umana viene ad assumere una importanza centrale: uno stile deciso, con immagini dai contorni morbidi e dai colori spesso freddi, ma sapientemente sfumati nei toni, sempre vellutati (Alba, 1938). Pur riscontrandosi nella sua opera gli elementi tipici del movimento del Novecento, è presente tuttavia nel giovane Avenali un nucleo primigenio di ricerca che verrà sperimentato nel tempo fino alle estreme conseguenze. L’epoca ed il gusto del tempo inseriscono Avenali nella schiera degli artisti incaricati di decorare edifici pubblici e non vi è dubbio che la suggestione alla esperienza muralista iniziata negli anni ’40 sia accompagnata dalla sua profonda ammirazione per l’opera intellettuale ed artistica di Mario Sironi che Avenali conoscerà a Cortina nel 1950 e con il quale intratterrà sempre un rapporto di salda amicizia. L’adesione spirituale alla Scuola Romana, le frequentazioni con gli artisti che come lui avevano studio a Villa Strohl-Fern conducono Avenali in quegli anni ad una pittura più tonale, su una campitura cromatica più larga e su un effetto più espressionista (Case tra gli alberi, 1949). Notevole negli anni ’50 una ulteriore originale deviazione stilistica che porterà l’Artista sia ad affrontare ardui problemi tecnici e stilistici, sia ad elaborare una serie di vedute di Roma, incentrate sugli aspetti barocchi, architettonici e scultorei della città (Piazza Navona, 1952): le immagini di questo periodo sono la prova indiscutibile di un superamento della veduta paesaggistica colta dal vivo ed impregnata di partecipazione emotiva; esse introducono nel percorso intellettuale di Avenali la motivazione di andare oltre l’immagine reale. La partecipazione alla VII edizione della Quadriennale di Roma de 1955-56 vede l’Artista giungere ad un “realismo post- cubista, tutto in bilico tra realtà ed astrazione” (L. Trucchi): progressivamente l’oggetto viene a perdere la sua conformazione fisica ma non la concretezza della sua presenza, ed il colore costruisce cose e spazio con la stessa intensità. Iniziano negli anni ’60 le prime prove dell’uso del collage di carta, nei quali Avenali si abbandona a giochi compositivi di grande suggestione che negli anni ’70 raggiungono una nuova tappa creativa, con i famosi ritagli di stoffa e carta incollati e tenuti insieme da punti metallici (Senza titolo, 1970). Le sempre nuove sperimentazioni non fanno tuttavia dimenticare all’Artista la figura, di nuovo esaltata in grandi e piccole composizioni: Avenali si concentra in un muto dialogo con la modella, alla ricerca di una mai esaurita sensualità, di una profonda intimità che nello stesso tempo in cui scopre e delinea il corpo femminile lo profana e lo abbrutisce, svelandolo nella caducità delle sue forme. Si giunge così all’ultimo periodo della vita dell’Artista quando, abbandonata la sperimentazione materica, egli si concentra sulla figura femminile, vista come indispensabile compagna di vita e al tempo stesso come temibile allegoria di depravazione e disfacimento fisico.